venerdì 13 settembre 2019

La casa nasconde ...

...ma non ruba, dice un proverbio. Li vedo ancora, mi vedo ancora, perduti e persa nel prato o tra la ghiaia, lasciati giorni e notti intere all'addiaccio, pensati persi per sempre con magoni e nodi irrisolvibili in gola: erano i miei giochi, sacchi pieni di paccotiglia, di pentolini e vestitini, scarpine di barbie e pupazzetti, bambole e macchinine, tutti raccolti a manciate di anno in anno e conservati meticolosamente di stagione in stagione. Li avevo tutti in un inventario di memoria, nei file dei miei averi di bambina, un appello meticoloso che compivo alla mattina e ripassavo ogni sera. Bastava che uno mancasse alla ritirata, non trovandolo mentre li riponevo nei sacchi, e partiva l'allarme: l'ho perso...
La casa nasconde, e rivela inopinatamente oggetti nei suoi anfratti, dal box ai cassetti dei comò, dalla cantinetta alla caldaia. "Cà de matt" è una miniera della memoria antica anche nelle stoviglie e utensili da cucina, come quelli vecchi e arrugginiti e misteriosi, il tosta caffè da fornello, i ferri da stiro che si aprivano per metterci la carbonella bollente, la stadera, la bilancia a due piatti coi pesetti, la macchina da scrivere e la radio anni 40.
Poi un giorno capitò di trovare delle foto.
E un altro giorno dei documenti.
E poi tante copie di un libro, sconosciuto.
E fu così che il passato disvelò i suoi segreti.
E dentro di me iniziò a prendere forma "la favola degli zii".

giovedì 5 settembre 2019

Muretti e ponticello


“Cà de matt" è costruita dentro la collina, sbancando e rosicchiando il crinale per far posto oltre ai suoi due piani, al terreno circostante fatto di un giardino davanti e terrazzamenti dietro. Per arginarli e darne forma,  cemento e muretti. Se il cemento fu opera dei costruttori, i muretti sono stati quasi tutti il frutto del lavoro di zio Daniele.
“Glielo hanno insegnato i tedeschi”
“Dategli da fare un muretto o una scaletta ed è felice”.
Per anni, cioè sino a che tutti i passaggi e i collegamenti da un piano all’altro del terreno furono completati, il tormentone che lo contraddistingueva era legato al cemento. 
Non so se zio Daniele, partito per il servizio militare prima dello scoppio della seconda guerra, arruolato come “geniere“, di stanza in Albania, fatto prigioniero dopo l’8 settembre, deportato nel IV Lager di Munster e tornato a casa nel novembre del 1945, imparò davvero a fare muretti e scale in cemento durante il periodo della prigionia. So però che in uno dei tanti muretti è finito, a mo’ di armatura, tutto un servizio da 24 di posate di peltro, quei posatoni grossi e ingombranti che oggi farebbero felice un robivecchi. Una zia riuscì a salvare solo qualche forchetta e qualche coltello, che ancora oggi dimorano abbandonati in un cassetto a imperitura memoria del sacrificio delle posate consorelle cementate.
E poi c’è il ponticello, che serve ad accedere dal primo piano al primo terrazzamento sul retro della casa. Non ha solo avuto da sempre il ruolo di passaggio da interno a esterno, per salire di uno, e poi due e infine tre "piani" esterni, i terrazzamenti nel verde un tempo giardino curato oggi selva quasi selvaggia. Sino a fine anni Settanta al ponticello era appesa un’altalena: quello, tra i tanti luoghi dell’infanzia, resta ancora sospeso in un cullare dolce dell’anima.


La casa nasconde ...

...ma non ruba, dice un proverbio. Li vedo ancora, mi vedo ancora, perduti e persa nel prato o tra la ghiaia, lasciati giorni e notti intere...